Il grande poeta tedesco Hölderlin, nell’elegia Pane e vino si chiede: “Perché i poeti (wozu Dichter) nel tempo della povertà?”. Allo stesso modo, estendendo questa domanda ad un altro ramo dell’arte potremmo dire: “Perché la musica…?”.
L’interrogativo rimanda alla natura stessa dell’uomo, sinergia tra persona e atto. Scriveva il filosofo Ernst Bloch, nel suo capolavoro Das prinzip hoffnung, che la musica come nessun’altra attività umana esprime l’essenza più profonda dell’uomo, il suo anelito più vero; essa ha molto in comune con la speranza: entrambe delineano i lineamenti del non-ancora.
Può l’uomo concepire un’esistenza senza musica? E’ un interrogativo che solca i secoli della storia. Essa non esprime menzogna, ma verità priva di ogni condizionamento sociale e morale. La bellezza infatti (di un Notturno di Chopin, di una Sinfonia di Beethoven o di Mahler), è una delle epifanie più sincere in cui si rende presente la verità. Contemplare la bellezza è contemplare la verità; e la verità è sinfonica.
Nella nostra epoca purtroppo i valori trasmessi dalla bellezza stanno scomparendo: la musica – l’unico linguaggio davvero universale – ha unito e unisce ancora popoli, nazioni, culture diversissime tra loro, religioni, uomini e donne di ogni estrazione sociale. Il suo potere di penetrare nel cuore dell’uomo, aggirando ogni ostacolo dovuto all’egoismo, all’odio, all’orgoglio, la rende invincibile e intramontabile. Il nostro legame con la terra si manifesta compiutamente nella musica, che è sì un linguaggio spirituale e trascendente, ma al tempo stesso espressione del bisogno radicale dell’uomo che, pur vivendo nel mondo e nel tempo, è proiettato continuamente verso una dimensione altra da sé.
Allora, “perché la musica nel tempo della povertà?”. Ma che cos’è questa povertà? Una parola che da un po’ troppo tempo viene esclusa dal vocabolario della politica e soprattutto dell’economia, oltre che dalla coscienza di ognuno di noi. Purtroppo nella società postmoderna, oltre alla gravissima povertà materiale di milioni di persone, dovuta a una sbagliata ed eticamente terrificante distribuzione della ricchezza, si assiste quasi inermi a un grande e progressivo impoverimento dello spirito. La povertà è anche sfruttamento, è abuso dei minori, è lavoro senza etica.
Il principio-speranza di Bloch si concretizza dunque in una sala da concerto, così come in una melodia zigana prodotta da un mendicante, udita in una metropolitana o per strada. E’ lo scandalo della bellezza che raggiunge ogni cuore, in ogni tempo; attraverso l’insufficienza della forma, il sublime della musica cerca di garantire l’esperienza dell’assoluto: il paradosso dell’arte è proprio quello di manifestare l’immaterialità del sublime attraverso la materia, per mezzo di semplici strumenti come il legno di un violino o la corda di un pianoforte accarezzata dal feltro di un martelletto. Sono dunque le “regole del gioco” – gli strumenti che nei secoli l’uomo ha cercato di produrre e perfezionare, iniziando con l’imitazione di ciò che sentiva nella natura; l’architettura formale e codificata in modo universale nella notazione musicale, che gli permette di trascrivere su un pezzo di carta riconoscibile da tutti ciò che proviene dalla sua ispirazione – incapaci a contenere l’eccedenza prodotta da quest’arte, che travalica i confini dello spazio e del tempo per essere caratterizzata più dai parametri dell’infinito e dell’eternità.
Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso specifico del termine. Tuttavia, ad ogni uomo è affidato il compito di essere arte-fice della propria vita: in un certo senso, egli deve farne un’opera d’arte, un capolavoro, una sinfonia.
Alessandro MARANGONI